Tania Ferrucci
Nei miei okki. Storia di una donna nata bambino
“Una voce alta, caparbia, franca che chiede di essere ascoltata”.
“La narrazione di Tania aiuta a leggere gli episodi sempre più numerosi di insofferenza anagrafica delle ragazze e dei ragazzi in transito. Che sentono la loro vera identità doppiamente tradita. Dai documenti e dai comportamenti, dalla lentezza delle istituzioni e dalla crudeltà delle persone. Ed è anche grazie alla resistenza sofferta e coraggiosa di questi io migranti, che adesso la nostra società sta facendo, spesso a sua insaputa, un salto di civiltà».
(dalla prefazione di Marino Niola a Nei miei okki. Storia di una donna nata bambino)
Un bambino nato nel 1960 nei bassifondi di Napoli sogna ad occhi aperti la libertà, sogna di fuggire via dalla miseria in cui vive, dalle violenze che di lì a poco, a soli 7 anni, subirà da uno dei tanti uomini che frequentano la casa della madre prostituta. Il suo corpo è quello di un maschio, anche se fin da piccola si sente “bambina dentro”. A 13 anni inizia a prostituirsi e continuerà a farlo per pagarsi l’operazione di vaginoplastica – a 26 anni – gli interventi chirurgici e le spese legali per essere riconosciuta finalmente come Tania Ferrucci.
È bellissima, lavora come ragazza immagine, è desiderata e guadagna tantissimo ma la dipendenza da alcool e droga è devastante, fino a quando all’età di 39 anni entra nella comunità Samam, dove inizia il suo recupero. Il viaggio di libertà è lungo ma “sono nata caparbia” dice Tania Ferrucci – vincitrice del Premio Pieve 2020 con Nei miei okki. Storia di una donna nata bambino – e proprio nella scrittura Tania ha trovato un riscatto che dà senso al suo passato.